In un nuovo articolo, un gruppo di ricercatori dell’Università di Southampton, Regno Unito, e membri del progetto RAMP, finanziato dall’UE, hanno dimostrato in che modo i memristori potrebbero contribuire allo sviluppo di neuro protesi e medicine bioelettriche più precise e convenienti.
Monitorare l’attività cellulare neuronale è fondamentale per la neuroscienza e lo sviluppo di neuroprotesi ma incontra un problema costante e cioè la difficoltà per il dispositivo di elaborare efficacemente i dati neurali in tempo reale, il che a sua volta impone requisiti restrittivi su larghezza di banda, energia e capacità di calcolo.
La soluzione di questo problema, secondo gli scienziati impegnati nel progetto RAMP (Real neurons-nanoelectronics Architecture with Memristive Plasticity) potrebbe trovarsi nell’uso di memristori. Si tratta di componenti elettrici che limitano o regolano il flusso di corrente elettrica in un circuito e possono ricordare la quantità di carica che stava passando attraverso di esso e trattenere dati, anche quando questo è spento. In pratica svolgono un ruolo simile alle sinapsi biologiche e possiedono l’abilità intrinseca di effettuare simultaneamente compiti computazionali e conservare informazioni con volumi e spreco di energia molto ridotti.
L’autore principale Isha Gupta, ricercatore dell’Università di Southampton, ha commentato: “Il nostro lavoro può dare un contributo significativo per migliorare ulteriormente la conoscenza della neuroscienza, sviluppare neuroprotesi e medicine bio-elettroniche costruendo strumenti essenziali per interpretare i grandi dati in modo più efficiente.”
Il team di ricerca ha sviluppato un MIS (Memristive Integrative Sensor) nel quale sono stati inseriti una serie di campioni di voltaggio-tempo, che replicavano l’attività elettrica neuronale. Agendo come le sinapsi del cervello, il MIS metallo-ossido secondo quanto riferito è stato in grado di codificare e comprimere (fino a 200 volte) l’attività neuronale di punta registrata per mezzo di array multi-elettrodo. Oltre a risolvere i limiti di larghezza di banda, i ricercatori affermano che questo approccio è anche molto efficiente dal punto di vista energetico nel senso che l’energia necessaria per canale di registrazione è fino a 100 volte meno rispetto alle attuali migliori pratiche.
“Siamo entusiasti di essere riusciti a dimostrare che questi dispositivi emergenti in nanoscala, nonostante siano piuttosto semplici per quanto riguarda l’architettura, possiedano dinamiche ultra-ricche che possono essere sfruttate al di là delle ovvie applicazioni di memoria, per risolvere limiti fondamentali di larghezza di banda e di energia che attualmente impediscono l’ampliamento delle interfaccia neurali al di là di 1 000 canali di registrazione,” ha detto il co-autore, il dott. Themis Prodromakis.
Il lavoro intrapreso dal team di RAMP è un passo avanti molto promettente per affrontare una serie di malattie e disturbi per i quali lo sviluppo di sofisticate neuroprotesi promette di ridurre significativamente i sintomi e di migliorare la qualità della vita dei pazienti. Una delle principali difficoltà in questo campo era assicurare che le neuroprotesi dessero la “sensazione” di essere parte del corpo dei pazienti o, per protesi collocate dentro o su certe parti del corpo, che non fossero invasive.
Per mezzo del consorzio RAMP, un gruppo di ingegneri di Southampton è riuscito a mettersi in contatto con i biologi dell’Università di Padova, in Italia, e dell’Istituto Max Planck, in Germania, usando le infrastrutture del Centro di neuro fabbricazione di Southampton. La ricerca è stata pubblicata nella rivista “Nature Nanotechnology”.
Il progetto RAMP, che ha ricevuto poco più di 2 milioni di euro in finanziamenti dell’UE, si concluderà a ottobre 2016.
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