La ricerca, in parte supportata dal progetto DYNAHEALTH finanziato dall’UE, ha stabilito che, negli uomini coinvolti, il prediabete è stato trovato nel 19,2 % di quelli occupati, nel 23,0 % di chi era disoccupato da meno di un anno e nel 27,0 % dei soggetti disoccupati da più di un anno. I dati corrispondenti per il diabete di tipo 2 diagnosticato mediante screening erano 3,8 %, 3,8 % e 9,2 %.
Nelle donne i risultati erano meno accentuati, anche se i numeri aumentavano leggermente in relazione all’occupazione. Le cifre analoghe per il prediabete erano 10,0 %, 12,6 % e 16,2 % e per il diabete di tipo 2 diagnosticato mediante screening 1,7 %, 3,4 % e 3,6 %. In entrambi i casi i dati sono stati aggiustati per tenere conto di istruzione, tabagismo, consumo di alcolici, attività fisica e indice di massa corporea. Tra le donne, i collegamenti risultavano ridotti nei modelli sottoposti ad aggiustamento.
Il diabete è un’epidemia globale in crescita che influisce negativamente sulle economie e coinvolge una complessa interazione tra fattori biologici, psicologici e sociali. Visto che adesso sappiamo che la progressione verso il diabete di tipo 2 può essere impedita, o ritardata, da cambiamenti nello stile di vita nei soggetti ad alto rischio, riuscire a identificare quelle persone abbastanza presto è fondamentale per una diagnosi e un trattamento tempestivi. La ricerca presenta un altro parametro da prendere in considerazione per identificare i soggetti a rischio.
Qual è la relazione tra disoccupazione e diabete?
Si propone l’esistenza di un nesso causale tra lo stress e l’insorgenza del diabete di tipo 2. Dal punto di vista fisiologico questo è probabilmente provocato dall’iperattività dell’asse ipotalamo–ipofisi–surrene (HPA) e dalla produzione di cortisolo. Anche i fattori comportamentali svolgono un ruolo. La comparsa raggiunge il picco nei soggetti tra 40 e 64 anni di età e si è ipotizzato che i fattori di stress relativi al lavoro e l’impatto del lavoro su turni, possano essere alla base del suo sviluppo.
Nel loro
articolo pubblicato nella rivista “Primary Care Diabetes”, i ricercatori osservano che mentre lo stress relativo al lavoro è stato studiato, non molto è stato fatto sull’impatto della disoccupazione, un fattore di rischio noto per una salute cagionevole. Al meglio delle loro conoscenze, secondo il team, questo è il primo studio a effettuare test su questo collegamento con dati oggettivi sia per l’esposizione alla disoccupazione (registri nazionali) che per il risultato del metabolismo glucidico (OGTT).
Gli autori delineano quello che ritengono essere il punto di forza fondamentale del loro studio, ovvero “(…) la quantificazione oggettiva basata su registri dell’esposizione alla disoccupazione durante un preciso periodo di controllo di tre anni precedente a un OGTT, cogliendo così la importante esposizione intensa alle difficoltà legate alla disoccupazione durante le prime fasi della genesi del diabete. Visto che i partecipanti hanno tutti la stessa età, l’analisi non è influenzata da fluttuazioni macroeconomiche temporali nei tassi generali di disoccupazione, che potrebbero influire sugli effetti sulla salute della disoccupazione.”
Indicazione utile per una diagnosi precoce
Un’esposizione elevata alla disoccupazione potrebbe predisporre gli uomini di mezza età al diabete di tipo 2. Per i medici specialisti, la conoscenza della condizione di disoccupazione del paziente potrebbe essere utile per riconoscere dei casi non diagnosticati. DYNAHEALTH (Understanding the dynamic determinants of glucose homeostasis and social capability to promote Healthy and active aging) che ha supportato la ricerca, sta anche sfruttando al meglio diversi studi esistenti che controllano le risorse sanitarie, biologiche e sociali di 1,5 milioni di europei. Nel fare questo esso sta spronando lo sviluppo di strumenti di prevenzione e politiche basati sul rischio e sta fornendo ai responsabili politici le informazioni necessarie riguardanti i periodi migliori per investire in strategie sanitarie sostenibili ed efficaci in termini di costi.
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