L’analisi di Twitter mostra che è stata l’immigrazione a motivare chi ha votato per la Brexit

Dopo sei mesi dalla decisione del Regno Unito di lasciare l’Unione europea, i ricercatori stanno ancora provando ad accertare come e perché la campagna del Leave sia alla fine risultata vittoriosa. In una nuova ricerca in parte supportata dai progetti PHEME e SOBIGDATA, finanziati dall’UE, l’analisi di 3 milioni di tweet in un periodo di 6 mesi ha mostrato che l’immigrazione è stata di gran lunga la questione più importante a motivare i sostenitori del Leave.

Ricercatori che lavorano all’Università di Sheffield nel Regno Unito hanno identificato 41 443 sostenitori dell’uscita (Leave) e 41 445 sostenitori della permanenza (Remain) sulla base dei loro schemi di utilizzo degli hashtag della campagna su Twitter nel periodo precedente alla data del referendum. Essi hanno quindi analizzato i problemi riguardo ai quali quegli utenti hanno twittato in merito alla Brexit ogni giorno da giugno fino a novembre (ad es. #VoteToLeave, #SaferIn).

Tuttavia, allo scopo di rimanere il più possibile precisi, per i tweet che contenevano gli hashtag Leave/Remain, solo l’ultimo hashtag usato veniva preso in considerazione dai ricercatori come quello che indicava la presa di posizione voluta del tweet (a favore dell’uscita o della permanenza). Essi hanno inoltre rimosso tutti gli utenti con meno di tre messaggi su Twitter che esprimevano una presa di posizione. Questo ha permesso loro di arrivare a un campione più affidabile di sostenitori Leave/Remain su Twitter.

Al fine di suddividere i tweet in argomenti, la ricerca ha utilizzato i settori politici di alto livello stabiliti dal governo britannico, come ad esempio salute pubblica, immigrazione e la legge. Delle serie di parole chiave sono state collegate a ciascuno di questi argomenti (ad es. per la salute pubblica: servizio sanitario nazionale, assistenza infermieristica, dottori), che venivano prese in modo automatico dai manifesti dei partiti e dai tweet dell’elezione britannica, e poi riviste e presentate manualmente. Questa operazione è stata anche integrata da un approccio più tradizionale basato sulla ricerca al fine di cogliere delle statistiche su argomenti popolari specifici della Brexit (come ad esempio “Articolo 50”).

Lezioni apprese da Twitter

L’analisi ha mostrato che nel periodo precedente al referendum, i sostenitori del Leave hanno inviato un numero doppio di tweet riguardanti confini e immigrazione rispetto a quelli riguardanti sovranità, lavoro, il sistema della giustizia o il sistema sanitario nazionale. La questione della legge e della giustizia, anche se in misura decisamente inferiore rispetto all’immigrazione, era comunque un problema importante per i sostenitori del Leave, che hanno inviato un numero 4 volte superiore di tweet su questo argomento rispetto ai sostenitori del Remain.

Un’altra delle scoperte più interessanti della ricerca è stata che sebbene Twitter venga spesso visto come una cassa di risonanza più moderata, nel mese precedente al referendum sono stati i sostenitori del Leave a twittare più attivamente, con immigrazione ed economia a rappresentare gli argomenti più attivi. Dopo il referendum, i sostenitori del Remain hanno twittato più attivamente riguardo a tutti gli argomenti, colmando il divario con i sostenitori del Leave. Tuttavia, Twitter ha fatto in generale più da cassa di risonanza, con solo il 7 % dei tweet che erano risposte e oltre il 58 % che erano retweet, anche se si è notato che i sostenitori del Leave si sono impegnati di più per diffondere le loro opinioni.

La differenza nel numero di tweet provenienti da sostenitori del Leave e del Remain riguardanti confini e immigrazione è diventata più evidente nella settimana finale della campagna referendaria, con una grande impennata nei tweet provenienti dai sostenitori del Leave. Questo ha coinciso con la pubblicazione di quello che è adesso il famigerato manifesto di Leave.eu (che non era la campagna ufficiale per il Leave) che mostrava una fila di rifugiati. Il manifesto dava l’impressione che le persone raffigurate si stavano dirigendo specificamente verso il Regno Unito, anche se la foto era stata in realtà scattata sul confine tra Croazia e Slovenia.

“La sfida e il vantaggio principale di questo lavoro sono rappresentati dall’ottenere le opinioni in tempo reale,” ha commentato Kalina Bontcheva, prima ricercatrice dello studio. “Questo significa disporre sempre di conoscenze aggiornatissime su argomenti, partecipanti e opinioni, ed essere in grado di studiare come questi cambiano nel tempo.”

Anche se i ricercatori sono prudenti nell’insistere che Twitter e altri canali dei social media non sono in grado da soli di spiegare le complesse ragioni alla base di alcuni degli eventi politici più inattesi del 2016, come ad esempio la decisione della popolazione del Regno Unito di scegliere la Brexit, essi sottolineano però che i social media consentono di studiare la reazione immediata del pubblico agli eventi in corso in tempo quasi reale. Questo pertanto integra i tradizionali metodi di sondaggio d’opinione che hanno avuto delle prestazioni tutt’altro che stellari nell’effettuare delle previsioni accurate durante quello che è stato un anno politicamente tumultuoso.

Per maggiori informazioni, consultare:
Sito web del progetto PHEME
Sito web del progetto SOBIGDATA

pubblicato: 2016-12-17
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