L’invecchiamento delle cellule staminali e la neurodegenerazione

La capacità rigenerativa del cervello adulto è limitata e diminuisce con l’età. Un progetto finanziato dall’UE sta studiando i meccanismi delle modifiche legate alla senescenza nelle cellule staminali del cervello.

I danni al cervello e la neurodegenerazione sono le cause maggiori di mortalità e morbilità. Per riparare la neurodegenerazione, è necessaria una produzione continua di neuroni da parte delle cellule staminali neurali; tale capacità, però, si riduce nelle cellule staminali vecchie. Per lo sviluppo di terapie a base di cellule staminali, è assolutamente prioritario comprendere i meccanismi che controllano la proliferazione delle cellule staminali e la senescenza.

Il progetto AGING STEM CELLS (Mechanisms of stem cell proliferation and senescence in the aged and damaged mouse brain), finanziato dall’UE, ha indagato sui meccanismi legati alla senescenza. Si è incentrato sui processi in un cervello che invecchia e danneggiato con il coinvolgimento dell’istone H2AX. Poiché la proliferazione delle cellule staminali neurali diminuisce con l’età, la cumulativa erosione dei telomeri attiva le proteine che intervengono nei danni al DNA, compreso l’H2AX.

I ricercatori hanno dimostrato che l’H2AX ha effetti protettivi nel mantenimento del numero di cellule staminali per tutta la vita. Pertanto, il numero di cellule staminali è stato ridotto nel cervello di animali vecchi privi di H2AX, rispetto a topi di tipo selvatico della stessa età. Altre prove sono state desunte dal fatto che i topi vecchi senza H2AX presentavano una memoria olfattiva indebolita.

Oltre ai modelli animali, AGING STEM CELLS ha generato colture di fibroblasti primari da topi mutanti H2AX. Gli scienziati si sono serviti della coltura primaria per studiare l’importanza di singole mutazioni per la proliferazione cellulare, la crescita della popolazione e la progressione del ciclo cellulare.

Un’altra priorità del progetto riguardava la protezione dall’ictus. AGING STEM CELLS ha indagato sulle potenzialità di recettori GABAA (canali ionici che rispondono al neurotrasmettitore acido gamma-aminobutirrico) per la rigenerazione delle cellule del cervello. In relazione a questo esame, gli scienziati hanno cercato di capire se la bicocullina, antagonista dei recettori GABAA, potesse incidere sugli esiti neuronali in un modello murino di ictus. Hanno scoperto che, a sette settimane dall’ictus, il trattamento con bicocullina determina di fatto un numero superiore di neuroni immaturi nel sito della lesione. Pertanto, un blocco precoce di recettori GABAA può essere utile alla fase di recupero dopo un episodio di ictus.

La comprensione del declino neurogenico legato all’età e lo studio delle possibilità di promuovere la neurogenesi possono dischiudere la via a nuove strategie clinicamente rilevanti per i danni al cervello e la neurodegenerazione.

pubblicato: 2015-11-20
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