I risultati di un ampio studio su donatori di sangue volontari in Martinica durante il focolaio di virus Zika del 2016, che secondo le autorità sanitarie nazionali colpì 568 donne in gravidanza, sono adesso disponibili. Forniscono un follow-up preciso dei casi e della sieroprevalenza ma anche importanti informazioni sulla gestione delle donazioni di sangue e sulla storia naturale dell’infezione ZIKV negli adulti.
“Fare un quadro più dettagliato della febbre Zika negli adulti” era questo l’obiettivo centrale dello studio pubblicato da Blood – una pubblicazione medica settimanale dell’American Society of Hematology. Lo studio era coordinato da INSERM e in parte finanziato nell’ambito del progetto ZIKALLIANCE.
Dal 19 gennaio al 10 giugno 2016, il team ha testato 4129 donazioni di sangue consecutive e ha condotto test sistematici dell’acido nucleico per rilevare l’eventuale presenza del virus Zika. I test hanno permesso la rilevazione di circa il 2 % di donazioni di sangue contaminate durante il focolaio le quali sono state conseguentemente escluse per evitare la trasmissione attraverso il sangue.
Tra questi campioni infetti, la proporzione di veri casi di Zika asintomatici era di circa il 45 % e la proporzione di casi che non richiedevano attenzione medica era dell’80.85 %.
Grazie a chiamate di follow up fatte 7 e 14 giorni dopo la donazione allo scopo di identificare eventuali sintomi, è stata determinata anche la durata della viremia plasmatica asintomatica e presintomatica. Si è scoperto che alcuni pazienti potevano avere quantità significative del virus nel sangue senza avere alcun sintomo per circa 6 giorni.
Alla luce di queste scoperte, il team suggerisce che, gli studi di incidenza con test dell’acido nucleico (nucleic acid testing o NAT) potrebbe migliorare le stime di prevalenza nella popolazione generale.
Si tratta del secondo studio fatto con contributi del progetto ZIKALLIANCE negli ultimi due mesi. In un’altra ricerca congiunta in parte sostenuta da altri finanziamenti e che era arrivata in prima pagina a metà gennaio, il consorzio ZIKALLIANCE indicò che la capacità del virus ZIKA di infettare le cellule gliali nel cervello in fase di sviluppo era mediata dalla via Gas6-AXL. I ricercatori hanno scoperto che il candidato Anti-AXL di Aravive Biologics potrebbe avere un ruolo antivirale oltre alla sua già conosciuta attività anticancro.
“Questa nuova ricerca suggerisce che Aravive-S6 potrebbe anche essere in grado di bloccare l’infezione di ZIKV e altri virus associati, come il virus del dengue, che hanno metodi di penetrazione e infezione della cellula simili,” disse all’epoca Ray Tabibiazar, dottore in medicina e Presidente e Amministratore delegato di Aravive Biologics.
ZIKALLIANCE è un progetto globale da 15,5 milioni di euro, che riunisce 52 partner di 18 paesi. Continuerà fino a settembre 2019 e ha tre obiettivi principali: capire l’impatto dell’infezione del virus Zika durante la gravidanza e identificare gli effetti a breve e lungo termine sui neonati, ricostruire e documentare la storia naturale dell’infezione del virus Zika negli esseri umani e nel loro ambiente nel contesto di altri arbovirus in circolazione e sviluppare la capacità generale della ricerca al fine di essere preparati per future minacce epidemiche in America latina e nei Caraibi in collaborazione con i progetti ZIKAction e ZikaPLAN.
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