In che modo gli incendi boschivi causati dall’uomo potrebbero aver avuto un effetto sul clima della Terra più di 10 000 anni fa.

Recentemente il paleoclimatologo William Ruddiman ha suggerito che gli esseri umani potrebbero aver avuto un impatto significativo sul clima della Terra già migliaia di anni fa – mediante le emissioni di carbonio e metano originate dalla combustione di biomassa e dalla deforestazione legata all’inizio dell’agricoltura. Il progetto EARLYHUMANIMPACT ha deciso di verificare questa ipotesi.

Anche se il riscaldamento globale implica più incendi boschivi, è vero anche il contrario. Le foreste contengono circa il 30 % del carbonio che si trova sulla superficie del pianeta e ogni incendio rilascia nell’atmosfera non solo questo carbonio, ma anche altre sostanze che influenzano il clima come gli aerosol. L’impatto di questi aerosol sul cambiamento climatico, però, non è ancora ben conosciuto.

Il progetto EARLYHUMANIMPACT si basa sull’idea che la risposta potrebbe trovarsi nei libri di storia della Terra. Oltre 10 000 anni fa, l’agricoltura umana cominciò a prosperare a spese delle foreste e il team del progetto crede che gli aerosol antropogenici risultato di questo processo potrebbero aver alterato il sistema climatico globale per migliaia di anni.

Per verificare questo, il professor Carlo Barbante e altri ricercatori dell’Università di Venezia hanno esaminato i dati delle registrazioni climatiche di ghiacci e laghi di sette continenti e li hanno confrontati con storie parallele di regimi degli incendi. Hanno usato una nuova tecnica per determinare uno specifico marcatore molecolare della combustione di biomassa – conosciuto come levoglucosan – che è in grado di registrare gli incendi passati in nuclei di ghiaccio e sedimenti di laghi. Il progetto sta per arrivare alla sua conclusione e il professor Barbante discute il processo e i principali risultati del suo lavoro.

Perché ha scelto di concentrare la sua ricerca sulla ricostruzione degli incendi?

Il ruolo degli aerosol nel sistema climatico non è ben conosciuto e si sa ancora meno sul relativo ruolo della combustione della biomassa.

Il fuoco influenza il sistema climatico rilasciando carbonio, che altrimenti rimarrebbe immagazzinato nel legno della vegetazione. Contribuisce ai livelli di diversi aerosol e gas atmosferici nell’aria ed è una causa importante della loro variabilità negli anni. Influenza anche il clima regionale e globale mediante l’emissione di gas a effetto serra, principalmente biossido di carbonio e metano.

La diminuzione dell’estensione spaziale delle foreste, che è iniziata circa 7000-5000 anni prima del presente, potrebbe essere legata all’inizio delle attività agricole, come lo spianamento di foreste con il fuoco, che avrebbe lasciato un segno quantificabile nei dati climatici. Con il sostegno di questo contributo avanzato del CER, ci proponiamo di fornire informazioni essenziali sull’interazione tra il clima e l’attività umana, specialmente con l’avvento dell’agricoltura, e il ruolo degli aerosol nel tempo.

Come si spiega che sappiamo così poco sull’influenza passata degli aerosol sul cambiamento climatico?

Gli aerosol antropogenici e naturali possono aver alterato il sistema climatico globale per migliaia di anni come suggerisce il confronto delle concentrazioni di gas a effetto serra (GES) del tardo Olocene con quelle dei precedenti periodi interglaciali. Adesso le attività umane, come la combustione dei carburanti fossili, stanno alterando la composizione dell’atmosfera e il sistema climatico globale a un ritmo più veloce di quanto si sia mai registrato nei tempi geologici.

Il problema è che, per la maggior parte degli archivi climatici e ambientali studiati dai paleoclimatologi (per es. gli anelli degli alberi, le testimonianze marine e terrestri), è difficile trovare le giuste funzioni di trasferimento che collegano la concentrazione di uno specifico marcatore nell’archivio con la sua occorrenza atmosferica in passato. È quindi di fondamentale importanza esaminare la composizione atmosferica del passato mediante l’uso di archivi paleo climatici e dati appropriati per i quali si conosce il rapporto causa/effetto.

Come ha proceduto per verificare l’ipotesi di Ruddiman?

La sua ipotesi è incentrata sull’osservazione che i livelli di biossido di carbonio e di metano nell’atmosfera erano ai loro minimi circa 7000-5000 anni prima del presente, rispettivamente, e che sono poi lentamente aumentati fino a un rapido innalzamento dei GES causato dalla Rivoluzione industriale. L’aumento del metano è attribuito alla combustione di biomassa e alla coltivazione del riso nei tropici. L’aumento del biossido di carbonio è più difficile da attribuire alle attività umane, ma Ruddiman sostiene che la deforestazione e la combustione di biomassa potrebbero essere un fattore primario in questo fenomeno.

I dati provenienti dai nuclei di ghiaccio e laghi forniscono dati quantificabili sui regimi degli incendi del passato in tutte le possibili scale spaziali e temporali. Il nostro obiettivo è quantificare i cambiamenti temporali e spaziali della combustione della biomassa nell’Olocene nei nuclei dei ghiacci e dei laghi di sette continenti che corrispondono ai centri delle origini dell’agricoltura. Abbiamo sviluppato a questo fine una nuova tecnica per misurare un marcatore molecolare presente a livello globale della combustione di biomassa (levoglucosan, 1,6-anhydro-β-D-glucopyranose) nei nuclei di ghiaccio e nei sedimenti dei laghi. Abbiamo integrato queste analisi pirochimiche con testimonianze palinologiche dell’impatto dei regimi degli incendi del passato.

Quali sono i principali risultati del progetto fino a questo momento?

Per esempio, studi recenti della calotta di ghiaccio della Groenlandia hanno mostrato che i cambiamenti climatici, come l’insolazione e la temperatura estiva dell’emisfero settentrionale, influenzano l’attività boreale degli incendi su scale temporali millenarie.

I nostri risultati nella ricostruzione degli incendi nell’Olocene mostrano un importante picco di attività 3-2 ka anni fa. Le temperature dell’emisfero settentrionale però e specialmente le temperature della stagione degli incendi estiva rimangono stabili o diminuiscono tra 3 e 2 ka. Per questo i grandi parametri climatici e i cambiamenti ambientali da soli non possono spiegare il flusso di levoglucosan che ha raggiunto la Groenlandia durante il medio e tardo Olocene.

Data la mancanza di un plausibile controllo climatico per questa tendenza e l’assenza di prove paleoclimatiche per eventuali cambiamenti climatici globali contemporanei a quel tempo, ipotizziamo che le attività umane associate all’agricoltura e allo spianamento della terra costituiscono la migliore spiegazione per le tendenze osservate nell’attività degli incendi durante il tardo Olocene. L’intensiva deforestazione in Europa tra 2,5 e 2 ka avviene contemporaneamente al picco di levoglucosan in Groenlandia, dimostrando un primo quantificabile impatto umano sull’ambiente, cominciato circa 4000 anni fa.

Siete riusciti a distinguere tra incendi naturali e antropogenici?

Si tratta di uno dei compiti più difficili di tutto il progetto di ricerca e ci stiamo lavorando. I collegamenti tra la combustione di biomassa e l’incremento dell’agricoltura (e quindi l’aumento dei GES come il biossido di carbonio e il metano) e il prolungamento del clima interglaciale sono validi solo se gli aumenti misurati della combustione dimostrano un rapporto quantificabile con l’aumento della temperatura, come si può misurare nei nuclei di ghiaccio. Inoltre i nuclei dei laghi contengono le testimonianze palinologiche necessarie dei fuochi causati dall’uomo come l’indice di polline antropologico, gli indicatori di polline della coltivazione su terreno debbiato, la presenza di specie tolleranti il fuoco che suggerisce incendi frequenti e cambiamenti nell’influsso del polline arboreo.

La natura complessa dei nuclei dei ghiacci e dei laghi li rende il materiale perfetto per studiare i collegamenti tra l’inizio dell’attività agricola e il cambiamento climatico, poiché temperatura, testimonianza palinologica e levoglucosan sono misurati alla stessa profondità e tempo con la matrice circostante.

Cosa ha in programma di fare fino e dopo la fine del progetto?

Ci stiamo concentrando su una parte del progetto che inizialmente non era prevista nell’implementazione della proposta. Sono state proposte nuove molecole organiche per la ricostruzione di incendi associati alle attività umane. In particolare steroli fecali e una serie di idrocarburi aromatici policiclici sono stati individuati e testati come marcatori molecolari adatti ad attestare la presenza umana e gli incendi, oltre al levoglucosan che usiamo già. Sono elementi molto promettenti per le ricostruzioni paleoclimatiche e abbiamo in programma di proseguire in questa direzione di ricerca nel prossimo futuro. Questo contributo del CER è stata una grande opportunità per studiare una parte poco conosciuta e spesso trascurata del sistema climatico.

EARLYHUMANIMPACT
Finanziato nell’ambito di FP7-IDEAS-ERC.
Pagina del progetto su CORDIS

pubblicato: 2017-01-19
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