Nuove conoscenze sul funzionamento della cella solare

Solar_Panel, fot. public domain

Le celle solari a tinta sensibilizzata (DSSC), che usano la luce per produrre elettricità o idrogeno, sono attualmente la più efficiente tecnologia solare di terza generazione. Degli incrementi nella loro efficienza di conversione, ottenuti attraverso una migliore comprensione di come funzionano i materiali che assorbono la luce, le renderà allettanti per l’impiego su larga scala.

Le DSSC hanno attirato un grande interesse quali promettenti alternative alle tradizionali celle solari basate sul silicio, in particolare poiché esse contengono meno materiali costosi e richiedono dei processi di fabbricazione relativamente semplici. Queste celle sono formate da un anodo di ossido di titanio (TiO2) fotosensibilizzato (ricoperto con una tinta molecolare che assorbe la luce solare), un elettrolita liquido e un catodo metallico.

Dato che la fotocorrente dipende dai nanomateriali della tinta, spiegazione e controllo della loro attività interfacciale sono indispensabili per aumentare l’efficienza della conversione fotoelettrica. Nell’ambito di POLYMAP (Mapping and manipulating interfacial charge transfer in polymer nanostructures for photovoltaic applications), gli scienziati hanno chiarito il rapporto tra attività elettrochimica o elettrocatalitica dei materiali e cambiamenti nella loro morfologia che avvengono alle interfacce dell’elettrodo nelle DSSC.

Utilizzando una nuova tecnica di indagine elettrochimica di scansione ad alta risoluzione, ovvero la microscopia elettrochimica a scansione della cella (SECCM), gli scienziati hanno superato le difficoltà associate allo studio dei materiali nanostrutturati dell’elettrodo. Illuminando gli elettrodi e usando la SECC, essi sono riusciti a mappare, con variazioni della risoluzione inferiori al micrometro per quanto riguarda l’attività fotoelettrochimica del TiO2, aggregati rivestiti con una tinta. La modulazione dell’intensità della luce ha permesso al team di studiare i processi di perdita che limitano le efficienze di conversione.

Visto il loro ruolo fondamentale nei meccanismi del trasporto di carica, il lavoro è stato anche mirato a preparare ed effettuare la caratterizzazione elettrochimica di polimeri coniugati che variavano in spessore da 5 a 500 nm. Dopo averli messi sotto il microscopio, essi hanno osservato delle variazioni nell’attività elettrochimica soprattutto perché i film elettroattivi erano eterogenei. Combinando anche la SECC con la microscopia a forza atomica e la microspettroscopia Raman, il team ha scoperto una relazione tra la struttura e la reattività dei film organici elettrodepositati.

Si è scoperto che i nanotubi di carbonio, un altro materiale che aumenta la velocità della reazione chimica, sono elettroattivi per tutta la loro lunghezza, mentre la loro morfologia influisce sulla loro reattività. Gli scienziati hanno inoltre dimostrato che dei nanotubi di carbonio puri e privi di difetti sono degli elettrocatalizzatori efficaci quanto l’oro. Questo ha delle implicazioni importanti in particolare per la produzione di perossido di idrogeno da usare come combustibile.

Infine, le nanoparticelle di ossido di iridio, ampiamente studiate quali fotocatalizzatori per l’elettrolisi dell’acqua, hanno mostrato delle notevoli variazioni nella loro attività elettrocatalitica come fattore dipendente dal potenziale dell’elettrodo.

I risultati del progetto forniscono un nuovo punto di vista sui dispositivi fotovoltaici su scala nanoscopica, consentendo in sostanza di progettare delle migliori DSSC.

pubblicato: 2016-04-08
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